Eventi A.S. 2010/2011

Visita alla comunità di S. Patrignano

Indice articoli

Lo scorso 9 maggio le classi 4CA e 4 CB del Liceo delle scienze sociali dell"Isabella d'Este", accompagnate dai Prof.ri Zanin, Cappi e Pancera hanno visitato la comunità di S Patrignano. Di seguito si riporta il racconto-cronaca di questa esperienza scritto da un'alunna.

Emozioni da S. Patrignano

Lo cantava Marco Masini negli anni '90 con “Perchè lo fai”. Lo mostrava con il capolavoro “Radiofreccia” Ligabue nel 1998. Ma in qualsiasi forma venga presentato, l'argomento trattato è sempre lo stesso: la droga.

La droga che è come un mostro, come una paura, è spesso qualcosa che si conosce per gioco e che logorandoti sempre più dall'interno non ti abbandona più. Lo sanno bene i ragazzi della comunità di San Patrignano che hanno guidato le classi 4CA e 4CB del Liceo delle Scienze Sociali “I.D'Este di Mantova durante il viaggio di istruzione all'interno della comunità.

I ragazzi hanno accompagnato le due classi durante la visita non fatta solo di luoghi e laboratori, ma costituita principalmente da emozioni e sensazioni travolgenti.

Se lo stabilimento e le varie attività erano il contorno di quest'esperienza, infatti, tutte le emozioni percepite, le storie narrate e le esperienze vissute sono state il vero e proprio nucleo di essa.

L'impetuosa corrente che ha avvolto l'animo e conquistato il cuore di ognuno è stata infatti l'elemento che ci ha accompagnati nel corso dell'intera giornata.

Non rientra nella quotidianità sedersi a tavola con ragazzi, quasi nostri coetanei, che si sono ritrovati a fare i conti con la vita, ma soprattutto con loro stessi e con ciò che di più caro avevano, troppo presto.

Bisognava partire dal presupposto che, davanti a noi, non si trovavano solo degli ex tossicodipendenti, ma vere e proprie persone che spinte da altri, o dalla propria volontà, si sono abbandonate, non senza qualche difficoltà, nelle braccia di chi li poteva aiutare, armandosi di tanta pazienza e tanto coraggio.

Quando entri in un tunnel, indipendentemente che sia della droga, o dell'anoressia, o di qualsiasi altro genere, la strada per l'uscita appare, se non impossibile, difficilmente raggiungibile, lontana, e si inizia il percorso consapevoli di quanto dure siano le battaglie e di quanto lontano sia l'arrivo, e questo era assolutamente leggibile sul volto e negli occhi dei nostri giovani accompagnatori. Ci hanno raccontato le loro esperienze quasi con freddezza, quasi si vergognassero di ciò che erano stati. Hanno parlato di quanto sbagliati siano stati i loro errori, di quanto difficile sia stata la loro lotta, di quanta paura continuino ad avere e la consapevolezza e la verità racchiusa nelle loro parole e negli insegnamenti che volevano impartirci era palpabile. Rilevante è stato infatti il momento trascorso nel teatro, dove una volta ascoltata la testimonianza di Andrea, un ragazzo che già da tre anni e mezzo lotta per la sua libertà interiore, si è aperto un dibattito sulle nostre considerazioni, sul modo in cui noi, ragazzi giovani e “impreparati”, concepiamo la dipendenza e le droghe in se.

Il loro percorso, oltre che interiore, insegna a sviluppare un senso di autonomia e responsabilità che  apprendono parallelamente all'acquisizione di competenze che applicano in modo concreto nell'attività lavorativa che scelgono di svolgere all'interno della comunità. Oltretutto, hanno la possibilità di far trarre beneficio a persone che come loro soffrono, assistendo i malati di HIV ricoverati nel loro centro medico o facendosi carico dei ragazzi appena entrati nella comunità pronti ad iniziare la loro lotta.

Si sono incontrate prospettive diverse, dettate da “chi l'aveva vissuto” e “chi l'aveva visto”.

L'emozione con cui ci hanno trasmesso ciò che, durante il loro percorso di recupero hanno imparato, era percepibile e il vigore con cui volevano distoglierci dal commettere i loro stessi errori ragguardevole. La comunità di recupero non ha solo permesso loro di disintossicarsi, ma ha fatto molto di più. Li ha aiutati a ritrovare loro stessi e quella forza che avevano perso nel momento in cui avevano deciso di abbandonarsi alla droga, una “bestia” che aveva iniziato a distruggerli piano piano. Sono partiti dalla cura dei loro denti e dal recupero degli innumerevoli chili persi, iniziando passo per passo a tornare ad avere un aspetto dignitoso dal punto di vista esteriore, passando poi a quello interiore, più critico.

Dietro ogni loro sorriso si nascondevano lacrime di sofferenza, di disperazione, di sconforto, di abbattimento, ma anche della gioia di vedersi, dopo anni, cambiati, più forti e consapevoli, più maturi e orgogliosi di essere riusciti a dare tutti loro stessi. Magari la loro lotta non è stata la migliore, ma senza dubbio si sono impegnati fino in fondo per battersi contro la droga.

Hanno imparato ad accettare loro stessi nel bene e nel male, con i pregi e i difetti che comunque costituiscono una parte essenziale di loro stessi. Hanno imparato a dipendere da loro e dalle persone a loro care, non da sostanze che inducono un momentaneo e passeggero piacere. Per quanto possa anestetizzarli contro tutti i loro problemi, la miglior medicina resta l'amore e l'affetto di chi ci è vicino.

Hanno imparato che quello che hanno dentro è qualcosa di buono e bello, qualcosa che nonostante le difficoltà li accompagnerà sempre, qualcosa che non li condizionerà o cambierà come potrebbe fare altro. Hanno imparato che piuttosto che proseguire da soli è meglio fermarsi e aspettare che qualcuno venga a soccorrerci. Ma soprattutto hanno capito che è meglio essere liberi consapevolmente piuttosto che essere dipendenti “inconsapevolmente”.

La giornata ha trasmesso in noi consapevolezze diverse, dettate dalla diversa sensibilità con cui ognuno si è approcciato al problema. Tutte, comunque, ci hanno resi coscienti del fatto che dai propri sbagli a volte si possono imparare vere e proprie lezioni di vita, che a volte non è “troppo tardi” e che con una buona dose di coraggio e umiltà si possono vincere battaglie che sembrano perse in partenza.

Il momento giusto per ricominciare non è quando si tocca il fondo, ma quando si diventa consapevoli di esserci arrivati.

E questo i ragazzi della comunità di San Patrignano l'hanno capito bene, e sono stati altrettanto bravi ad insegnarcelo nel corso della giornata. Ma soprattutto, hanno capito una cosa:  “Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere.” (Paulo Coelho).

Martina Adami 4CB

Galleria fotografica

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{vsig_c}0|Foto01.jpg|Foto di gruppo all'interno della comunità|{/vsig_c}

{vsig_c}0|Foto02.jpg|Vista della collina con il vigneto|{/vsig_c}

{vsig_c}0|Foto03.jpg|Vista del campo di gara di equitazione|{/vsig_c}

{vsig_c}0|Foto04.jpg|Un piccolo gruppo di alunne nella zona di allevamento dei cani|{/vsig_c}

{vsig_c}0|Foto05.jpg|"Un esempio di murales realizzati all'interno della comunità|{/vsig_c}

Nella pagina seguente, pensieri e riflessioni di alcuni alunni:

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